Il Gongfu sbarca in Giappone: Il Karatè di Okinawa
La Cina è grande, si sa, la sua ampiezza potrebbe ricoprire
tranquillamente tutti gli Stati dell’Europa Centrale, e così anche i
suoi confini sono molto vasti e le hanno consentito di poter effettuare scambi
commerciali con numerosi popoli e stati limitrofi di diverse razze e
culture fin dalla più remota antichità. Fra le popolazioni più
importanti confinanti con la Cina ricordiamo la stessa India in primis,
insieme alle delegazioni che continuamente portavano e scambiavano
mercanzia arrivarono in Cina anche le conoscenze mediche e marziali dell’India,
che successivamente la Cina fece sue. Poi sicuramente molto importanti furono gli scambi con la
Thailandia attraverso il Laos e il Vietnam, lo stesso Vietnam che,
grazie agli influssi culturali cinesi a visto sviluppare diversi stili
di lotta e infine con la Corea.
Dal 1372 al 1866 le delegazioni di
Okinawa, un’isola prossima al mare cinese orientale, si recavano
a Pechino a portare tributi.
Nell'isola risiedevano delegati cinesi, e,
pochi sanno che c'era anche una colonia cinese, nel villaggio di
Kume. Ed e’
proprio in questo periodo che insieme ai delegati cinesi e ai rappresentanti delle diverse famiglie
Imperiali, arrivarono ad Okinawa diversi Maestri ed esperti di Gongfu.
Maestri come Wang Ji (1621-1689), esperto nel gongfu
Shaolin
della Gru Bianca del Sud, che sbarcò ad Okinawa nel 1683, alcuni
di questi esperti non erano solo Maestri di Gongfu, alcuni di
essi infatti erano praticanti di gongfu in accademie e scuole
militari, generali dell’esercito, esperti spadaccini e nell’uso
di vari armi come la lancia o la sciabola.
Nel 1762 arriva infatti ad Okinawa Kung
Hsian Chung, generale dell’esercito imperiale, originario della
provincia cinese del Fukien, esperto stratega e appunto
spadaccino di grande valore.
Le isole di Okinawa a quei tempi non erano
ancora provincie del Giappone, si dovette aspettare il 1879 e
fino a quel momento l’influenza della cultura cinese nell’isola
è stata continua e determinante per lo sviluppo delle tecniche
marziali che poi, successivamente, dalla stessa Okinawa,
arrivarono in Giappone.
Chi viveva però ad Okinawa?
Per lo più contadini, le colonie cinesi
erano composte da gente povera, umile, totalmente analfabeta,
ovviamente le delegazioni Cinesi che facevano la spola tra
Pechino e Okinawa erano composte da dignitari e letterati di
corte, ma a parte loro, la popolazione cinese e autoctona che
risiedeva stabilmente nell’isola era composta unicamente da
contadini e marinai.
C’è da aggiungere che fra il XVI e
XVIII secolo l’uso delle armi era proibito ad Okinawa
per volontà della stessa Cina, quindi nessuno poteva
allenarsi pubblicamente nell’uso di spade o sciabole, a meno che non
fosse un militare autorizzato dallo stesso governo
cinese.
Fu proprio a causa di questa legge che vediamo accadere
due fenomeni molto importanti:
Da un lato infatti la povertà
generava brigantaggio, il che significava che i poveri
villaggi venivano spesso razziati da gruppi di banditi
che poi si nascondevano nei boschi vicini e si
confondevano con la popolazione stessa, per far fronte a
questi continui saccheggi la popolazione che pur aveva
il divieto di usare armi, cominciò a sviluppare abilità
specifiche nell’uso degli attrezzi più comuni come
bastoni, remi e fiocine (marinai) oppure battitori per
il riso, forconi, tridenti o falci per la mietitura
(contadini). |
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Dall’altro lato però i Maestri ed
esperti di gongfu che arrivavano nell’isola
trasmettevano e insegnavano al popolo “alcune” delle
loro conoscenze marziali, ed essendo cinesi non potevano
insegnare l’uso delle armi, ma solamente tecniche
a mano libera.
Poiché il tempo di permanenza
nell’isola era limitato a volte anche a pochi mesi, le
conoscenze che vennero trasmesse, del loro gongfu, erano
costituite dai cosiddetti “fondamentali”; ma quale gongfu
veniva insegnato?
Non certo il gongfu del nord Cina, siamo sulla costa e
il gongfu praticato nelle regioni costiere proveniva
principalmente dalla versione Shaolin del Sud, composto
da movimenti corti, duri, più muscolari, tecniche quindi
prive dei calci alti e delle tecniche ampie e a lunga
distanza proprie
invece degli stili Shaolin del Nord.
A questo bisogna
aggiungere alcune considerazioni, chiunque abbia
studiato il vero Shaolin del Sud Cina sa molto bene
quanto siano intrise di conoscenze alchemiche e di
Qigong (studio sull’energia interna) le tecniche di
questi stili e sa bene come i Maestri fossero molto
gelosi di queste conoscenze.
Quindi non c’è da stupirsi
se il gongfu che arrivò ad Okinawa
fosse privo di tutti
quegli aspetti filosofici sul Dao (La Via), sul
TaiJi
(Principio Supremo) o Buddhisti (la respirazione
FaQi e
FaSheng), elementi importantissimi di cui i
tradizionali stili cinesi erano intrisi.
La popolazione di Okinawa, ignara
comunque di quelle scelte, nel tempo cominciò a chiamare
quei metodi di lotta, Karà-Tè (L’accento,
secondo il dialetto di Tokyo, è preferibile inserirlo sempre nella
sillaba finale, in tutti i kanji – ideogrammi
giapponesi) cioè Mano (Tè) Cinese (Karà) per indicare
appunto gli stili a mano vuota che apprendevano dalla
Cina.
I Maestri Cinesi accorciarono la
maggior parte delle loro forme tradizionali adattandole
per l’insegnamento alla popolazione locale
(ricordiamo che le forme "fulcro" degli stili di gongfu
cinese sono composte da 85 o anche 108 tecniche, nessuna forma
di Karatè è stata mai così lunga), in modo che le
tecniche fossero immediatamente applicabili contro i
banditi, e trasformarono quello che era un gongfu
originariamente pensato per sviluppare abilità
attraverso lunghi anni di pratica, in un “Karàtè”
semplice, istintivo, diretto e lineare, una specie di
difesa personale estrapolata dal millenario e complesso
gongfu.
Le forme chiamate Lù (sentiero) in cinese,
divennero i Katà Giapponesi, che presero
il nome dei Maestri Cinesi che li insegnarono e ancora
oggi vengono ricordati così, in loro omaggio e memoria.
Fu così che la forma insegnata dal
Maestro Wang Ji fu ricordata e trasmessa in Giappone col
nome Wanshu (pronuncia Giapponese del suo
nome) oppure la forma Kushanku che deriva
dal nome del generale Kung Hsian Chung, e così per
diverse altre forme.
Quando, nel 1879, il Giappone
assimila Okinawa fra le sue provincie, alcuni Giapponesi
che avevano imparato il Karatè, decidono di andare in
Cina per apprendere e, finalmente dopo secoli,
completare la loro conoscenza dei metodi di lotta
cinesi.
La mentalità Giapponese però, da secoli, era ormai
diventata sincretica e funzionalista, fu così che questi
esperti di Karatè nei loro soggiorni in Cina riuscirono
ad imparare solamente ciò che potevano già “unificare”
direttamente a ciò che già sapevano, molte delle
successive forme e tecniche che riportarono in patria
vennero da loro rielaborate con la mentalità Giapponese
e adattate per l’insegnamento ai loro studenti. |
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Ad esempio il Maestro Funakoshi
rinominò alcuni Katà, fra cui proprio il Katà Wanshu,
che nel suo sistema divenne il Katà Enpi
(volo di rondine) e possiamo vedere quanto siano diverse
le versioni di questo stesso Katà fra le correnti
insegnate da Funakoshi, dal Maestro Mabuni e dal Maestro
Itosu
(versione originale insegnata nel villaggio di Tomari).
L'esistenza di scuole di Karatè inizia a essere
documentata dal periodo di Sokon Matsumura
(1809?-1899).
Matsumura era un Maestro di spada e guardia del re,
nella cittadina di Shuri. Imparò il Karatè
durante i suoi viaggi in Cina, si dice anche che fosse
un allievo del Maestro Sakugawa. Fu proprio lui
che sviluppò il Katà Bassai, modificando
una forma cinese che aveva appreso.
Le scuole, in questo periodo, prendevano
nome dalla località in cui si trovavano: la scuola di Matsumura
era a Shuri, e fu chiamata successivamente Shuri-Tè
(la mano di Shuri), altre scuole erano: Tomari-Tè,
di Chotoku Kiyan (1870-1945), di un paesino,
Tomari, vicino a Shuri, e Naha-Tè, il paesino Naha
molto vicino alla colonia cinese di Kume da cui venne
profondamente influenzato.
Anche il Maestro Higahonna (1852-1915)
aveva una scuola a Naha.
Ma
vediamo come erano composti gli allenamenti di questo gongfu così
ampiamente modificato.
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L'allenamento principale, e praticamente
l'unico, era la ripetizione senza fine di un ristretto numero di
Katà; ad esempio la regola del Maestro Asato era: <<un katà in tre
anni>> (originariamente ne avevano pochissimi). Si faceva
anche moltissimo makiwara (colpire tronchi coperti di paglia).
Era
prassi comune che i praticanti sviluppassero orribili e dannosi
calli ossei sulle nocche delle mani e sugli avambracci, come
risultato di questo continuo colpire i tronchi. |
Non c'era allenamento di gruppo, ma il Maestro
insegnava individualmente ed aveva pochissimi allievi; spesso
tecniche ed allenamenti venivano mantenuti segreti.
L'esasperazione di singoli movimenti è una caratteristica
principale delle arti marziali di Okinawa e Giapponesi,
focalizzate su concentrazione ed efficacia estrema.
Troviamo le
stesse componenti nella scherma giapponese (Kendo), nel Sumo e
nel Judo, di derivazioni successive. Ad esempio è risaputo
che alcune scuole di spada del tempo di Matsumura praticavano,
come principale metodo di allenamento, un esercizio che
consisteva nel colpire con forza un albero con un bastone di
legno, migliaia di volte al giorno. L'idea era di tagliare in
due il nemico con un solo colpo. Questo stesso indirizzo fu
portato al Karatè.
Questa è una delle
differenze essenziali fra le vere arti marziali Cinesi e quelle
Giapponesi.
Il Karatè cambiò quando la scuola pubblica
fu introdotta in Okinawa, nel 1880.
Nel 1901, i Maestri Itosu e Yabu riuscirono a far
adottare il Karatè nelle scuole, come insegnamento di educazione
fisica. Yabu iniziò a insegnare nell'istituto magistrale, il
Maestro Hanashiro al liceo.
Furono creati da zero i Katà Pinhan,
katà fatti di movimenti più semplici e furono fatti cambiamenti
nelle tecniche, per venire incontro alle esigenze della
didattica nelle scuole. Furono anche introdotti quegli aspetti
formali dell'allenamento cui siamo abituati oggi, come il fatto
di eseguire gli stessi movimenti in gruppo, tutti in fila.
Nel Karatè del Maestro Itosu la reale
applicazione dei movimenti al combattimento e le necessità
didattiche di potenziamento del fisico si mescolano, e talvolta
si perde il vero significato del movimento. Itosu era un uomo di
forza leggendaria, modificando una vecchia forma cinese, oggi
perduta, creò i tre Katà Naifanchi, che esprimono
proprio forza e stabilità.
Il Maestro Funakoshi, nel 1925, cambiò i nomi di numerosi Katà;
Pinan divenne Heian, che significa "via della
pace", Naifanchi divenne Tekki (posizione del
cavaliere), anche il modo di scrivere la parola "Karatè" fu
cambiato, gli ideogrammi originali, che significavano "mano
cinese" o "tecnica cinese" furono cambiati in modo da potersi
leggere "mano vuota", con un richiamo all'idea del "vuoto
mentale" della meditazione Buddhista (che fu, quindi, una
acquisizione filosofica recente).
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Fu in questo periodo che furono introdotti nel Karatè i calci
laterali e circolari (yoko-geri e mawashi-geri) come li
eseguiamo oggi. Siamo oggi abituati a vedere forme di
Gongfu cinese, con una gran varietà di movimenti, salti,
posizioni acrobatiche; i Katà di Okinawa erano invece corti, e
si poneva l'enfasi sulla potenza estrema di un numero di
tecniche molto ridotto. |
A questo punto bisogna fare una considerazione molto importante:
nella cultura del Karatè questa peculiarità è stata tramandata
come positiva, ma non è proprio così, bisogna tenere presente il
fatto che il Gongfu Shaolin del Nord non è mai arrivato in
Giappone in maniera capillare se non in tempi recentissimi (si
parla degli ultimi anni del 1900), così le prime dimostrazioni
pubbliche e televisive del Gongfu cinese in Giappone ha
riguardato le spettacolari esibizioni di Wushu moderno
sponsorizzate dal governo comunista cinese già dal 1940,
che poco hanno a che vedere con il reale
gongfu del tempio Shaolin del Nord.
Questa contraddizione ha creato nei “karateki” la falsa
sensazione che il loro Karatè avesse mantenuto la “purezza” dei
movimenti di matrice originaria, cosa invece assolutamente
falsa, ma purtroppo ancora oggi mal compresa.
Un altro
errore, ampiamente e storicamente dimostrato, ma che talvolta
purtroppo vediamo ancora diffuso, è la credenza che potesse
esistere un qualche stile di gongfu interamente trapiantato
ad Okinawa.
Abbiamo visto, e sono veramente moltissimi i documenti che lo
dimostrano, primo fra tutti il famosissimo “Bubishi”
il testo segreto (fino al secolo scorso) che tramanda gli
spostamenti e gli insegnamenti dei Maestri cinesi ad Okinawa,
come nessuno stile di gongfu originario fu tramandato in maniera
completa e tradizionale (cioè alla maniera cinese) in nessuno
dei villaggi di Okinawa, ma solamente
versioni semplificate al massimo, ridotte spesso all’osso, prive
di filosofia taoista o di accenni all’energia del Qi, per
permettere un’ apprendimento immediato ed efficace delle
tecniche ristrette alla mera difesa personale.
E’ indicativo il fatto che tutti i praticanti di discipline
marziali che hanno come origine, anche solo nel loro nome,
Okinawa, non usino la tipica divisa da Gongfu cinese (TaiFu)
ma spesso abiti contadini o comunque la divisa da karatè
giapponese (KaratèGi), come per ribadire il fatto
che con il vero Gongfu cinese non hanno nulla a che fare (e men
che meno con lo Shaolin tradizionale).
Negli anni sessanta maestri di Karatè iniziarono a venire in
Europa e negli Stai Uniti. Il Karatè e' ora conosciuto e diffuso
in tutto il mondo ed e' ancora in evoluzione, trasformandosi da
arte marziale in uno sport moderno.
(Si ringrazia il sito http://ctokarate.altervista.org/storia_antica_del_karate.html
per aver messo a disposizione alcune informazioni storiche
corredate da fonti e date precise)
Centro Studi Gongfu Tradizionale
Gruppo Ricerche Storiche e Filosofiche
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