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Ottobre 2010

Il Gongfu sbarca in Giappone:
Il Karatè di Okinawa

La Cina è grande, si sa, la sua ampiezza potrebbe ricoprire tranquillamente tutti gli Stati dell’Europa Centrale, e così anche i suoi confini sono molto vasti e le hanno consentito di poter effettuare scambi commerciali con numerosi popoli e stati limitrofi di diverse razze e culture fin dalla più remota antichità.
Fra le popolazioni più importanti confinanti con la Cina ricordiamo la stessa India in primis, insieme alle delegazioni che continuamente portavano e scambiavano mercanzia arrivarono in Cina anche le conoscenze mediche e marziali dell’India, che successivamente la Cina fece sue.
Poi sicuramente molto importanti furono gli scambi con la Thailandia attraverso il Laos e il Vietnam, lo stesso Vietnam che, grazie agli influssi culturali cinesi a visto sviluppare diversi stili di lotta e infine con la Corea.

Dal 1372 al 1866 le delegazioni di Okinawa, un’isola prossima al mare cinese orientale, si recavano a Pechino a portare tributi.
Nell'isola risiedevano delegati cinesi, e, pochi sanno che c'era anche una colonia cinese, nel villaggio di Kume.
Ed e’ proprio in questo periodo che insieme ai delegati cinesi e ai rappresentanti delle diverse famiglie Imperiali, arrivarono ad Okinawa diversi Maestri ed esperti di Gongfu.
Maestri come Wang Ji (1621-1689), esperto nel gongfu Shaolin della Gru Bianca del Sud, che sbarcò ad Okinawa nel 1683, alcuni di questi esperti non erano solo Maestri di Gongfu, alcuni di essi infatti erano praticanti di gongfu in accademie e scuole militari, generali dell’esercito, esperti spadaccini e nell’uso di vari armi come la lancia o la sciabola.
Nel 1762 arriva infatti ad Okinawa Kung Hsian Chung, generale dell’esercito imperiale, originario della provincia cinese del Fukien, esperto stratega e appunto spadaccino di grande valore.

Le isole di Okinawa a quei tempi non erano ancora provincie del Giappone, si dovette aspettare il 1879 e fino a quel momento l’influenza della cultura cinese nell’isola è stata continua e determinante per lo sviluppo delle tecniche marziali che poi, successivamente, dalla stessa Okinawa, arrivarono in Giappone.

Chi viveva però ad Okinawa?

Per lo più contadini, le colonie cinesi erano composte da gente povera, umile, totalmente analfabeta, ovviamente le delegazioni Cinesi che facevano la spola tra Pechino e Okinawa erano composte da dignitari e letterati di corte, ma a parte loro, la popolazione cinese e autoctona che risiedeva stabilmente nell’isola era composta unicamente da contadini e marinai.

C’è da aggiungere che fra il XVI e XVIII secolo l’uso delle armi era proibito ad Okinawa per volontà della stessa Cina, quindi nessuno poteva allenarsi pubblicamente nell’uso di spade o sciabole, a meno che non fosse un militare autorizzato dallo stesso governo cinese.
Fu proprio a causa di questa legge che vediamo accadere due fenomeni molto importanti:
Da un lato infatti la povertà generava brigantaggio, il che significava che i poveri villaggi venivano spesso razziati da gruppi di banditi che poi si nascondevano nei boschi vicini e si confondevano con la popolazione stessa, per far fronte a questi continui saccheggi la popolazione che pur aveva il divieto di usare armi, cominciò a sviluppare abilità specifiche nell’uso degli attrezzi più comuni come bastoni, remi e fiocine (marinai) oppure battitori per il riso, forconi, tridenti o falci per la mietitura (contadini).

Dall’altro lato però i Maestri ed esperti di gongfu che arrivavano nell’isola trasmettevano e insegnavano al popolo “alcune” delle loro conoscenze marziali, ed essendo cinesi non potevano insegnare l’uso delle armi, ma solamente tecniche a mano libera.
Poiché il tempo di permanenza nell’isola era limitato a volte anche a pochi mesi, le conoscenze che vennero trasmesse, del loro gongfu, erano costituite dai cosiddetti “fondamentali”; ma quale gongfu veniva insegnato?

Non certo il gongfu del nord Cina, siamo sulla costa e il gongfu praticato nelle regioni costiere proveniva principalmente dalla versione Shaolin del Sud, composto da movimenti corti, duri, più muscolari, tecniche quindi prive dei calci alti e delle tecniche ampie e a lunga distanza proprie invece degli stili Shaolin del Nord.
A questo bisogna aggiungere alcune considerazioni, chiunque abbia studiato il vero Shaolin del Sud Cina sa molto bene quanto siano intrise di conoscenze alchemiche e di Qigong (studio sull’energia interna) le tecniche di questi stili e sa bene come i Maestri fossero molto gelosi di queste conoscenze.
Quindi non c’è da stupirsi se il gongfu che arrivò ad Okinawa fosse privo di tutti quegli aspetti filosofici sul Dao (La Via), sul TaiJi (Principio Supremo) o Buddhisti (la respirazione FaQi e FaSheng), elementi importantissimi di cui i tradizionali stili cinesi erano intrisi.
La popolazione di Okinawa, ignara comunque di quelle scelte, nel tempo cominciò a chiamare quei metodi di lotta, Karà-Tè (L’accento, secondo il dialetto di Tokyo, è preferibile inserirlo sempre nella sillaba finale, in tutti i kanji – ideogrammi giapponesi) cioè Mano (Tè) Cinese (Karà) per indicare appunto gli stili a mano vuota che apprendevano dalla Cina.

I Maestri Cinesi accorciarono la maggior parte delle loro forme tradizionali adattandole per l’insegnamento alla popolazione locale (ricordiamo che le forme "fulcro" degli stili di gongfu cinese sono composte da 85 o anche 108 tecniche, nessuna forma di Karatè è stata mai così lunga), in modo che le tecniche fossero immediatamente applicabili contro i banditi, e trasformarono quello che era un gongfu originariamente pensato per sviluppare abilità attraverso lunghi anni di pratica, in un “Karàtè” semplice, istintivo, diretto e lineare, una specie di difesa personale estrapolata dal millenario e complesso gongfu.
Le forme chiamate (sentiero) in cinese, divennero i Katà Giapponesi, che presero il nome dei Maestri Cinesi che li insegnarono e ancora oggi vengono ricordati così, in loro omaggio e memoria.
Fu così che la forma insegnata dal Maestro Wang Ji fu ricordata e trasmessa in Giappone col nome Wanshu (pronuncia Giapponese del suo nome) oppure la forma Kushanku che deriva dal nome del generale Kung Hsian Chung, e così per diverse altre forme.

Quando, nel 1879, il Giappone assimila Okinawa fra le sue provincie, alcuni Giapponesi che avevano imparato il Karatè, decidono di andare in Cina per apprendere e, finalmente dopo secoli, completare la loro conoscenza dei metodi di lotta cinesi.
La mentalità Giapponese però, da secoli, era ormai diventata sincretica e funzionalista, fu così che questi esperti di Karatè nei loro soggiorni in Cina riuscirono ad imparare solamente ciò che potevano già “unificare” direttamente a ciò che già sapevano, molte delle successive forme e tecniche che riportarono in patria vennero da loro rielaborate con la mentalità Giapponese e adattate per l’insegnamento ai loro studenti.

Ad esempio il Maestro Funakoshi rinominò alcuni Katà, fra cui proprio il Katà Wanshu, che nel suo sistema divenne il Katà Enpi (volo di rondine) e possiamo vedere quanto siano diverse le versioni di questo stesso Katà fra le correnti insegnate da Funakoshi, dal Maestro Mabuni e dal Maestro Itosu (versione originale insegnata nel villaggio di Tomari).
L'esistenza di scuole di Karatè inizia a essere documentata dal periodo di Sokon Matsumura (1809?-1899).
Matsumura era un Maestro di spada e guardia del re, nella cittadina di Shuri. Imparò il Karatè durante i suoi viaggi in Cina, si dice anche che fosse un allievo del Maestro Sakugawa. Fu proprio lui che sviluppò il Katà Bassai, modificando una forma cinese che aveva appreso.

Le scuole, in questo periodo, prendevano nome dalla località in cui si trovavano: la scuola di Matsumura era a Shuri, e fu chiamata successivamente Shuri-Tè (la mano di Shuri), altre scuole erano: Tomari-Tè, di Chotoku Kiyan (1870-1945), di un paesino, Tomari, vicino a Shuri, e Naha-Tè, il paesino Naha molto vicino alla colonia cinese di Kume da cui venne profondamente influenzato.
Anche il Maestro Higahonna (1852-1915) aveva una scuola a Naha.

Ma vediamo come erano composti gli allenamenti di questo gongfu così ampiamente modificato.

L'allenamento principale, e praticamente l'unico, era la ripetizione senza fine di un ristretto numero di Katà; ad esempio la regola del Maestro Asato era: <<un katà in tre anni>> (originariamente ne avevano pochissimi).
Si faceva anche moltissimo makiwara (colpire tronchi coperti di paglia).
Era prassi comune che i praticanti sviluppassero orribili e dannosi calli ossei sulle nocche delle mani e sugli avambracci, come risultato di questo continuo colpire i tronchi.

Non c'era allenamento di gruppo, ma il Maestro insegnava individualmente ed aveva pochissimi allievi; spesso tecniche ed allenamenti venivano mantenuti segreti.  

L'esasperazione di singoli movimenti è una caratteristica principale delle arti marziali di Okinawa e Giapponesi, focalizzate su concentrazione ed efficacia estrema.

Troviamo le stesse componenti nella scherma giapponese (Kendo), nel Sumo e nel Judo, di derivazioni successive.
Ad esempio è risaputo che alcune scuole di spada del tempo di Matsumura praticavano, come principale metodo di allenamento, un esercizio che consisteva nel colpire con forza un albero con un bastone di legno, migliaia di volte al giorno. L'idea era di tagliare in due il nemico con un solo colpo. Questo stesso indirizzo fu portato al Karatè.

Questa è una delle differenze essenziali fra le vere arti marziali Cinesi e quelle Giapponesi.

Il Karatè cambiò quando la scuola pubblica fu introdotta in Okinawa, nel 1880. Nel 1901, i Maestri Itosu e Yabu riuscirono a far adottare il Karatè nelle scuole, come insegnamento di educazione fisica. Yabu iniziò a insegnare nell'istituto magistrale, il Maestro Hanashiro al liceo.
Furono creati da zero i Katà Pinhan, katà fatti di movimenti più semplici e furono fatti cambiamenti nelle tecniche, per venire incontro alle esigenze della didattica nelle scuole. Furono anche introdotti quegli aspetti formali dell'allenamento cui siamo abituati oggi, come il fatto di eseguire gli stessi movimenti in gruppo, tutti in fila.
Nel Karatè del Maestro Itosu la reale applicazione dei movimenti al combattimento e le necessità didattiche di potenziamento del fisico si mescolano, e talvolta si perde il vero significato del movimento. Itosu era un uomo di forza leggendaria, modificando una vecchia forma cinese, oggi perduta, creò i tre Katà Naifanchi, che esprimono proprio forza e stabilità.

Il Maestro Funakoshi, nel 1925, cambiò i nomi di numerosi Katà; Pinan divenne Heian, che significa "via della pace", Naifanchi divenne Tekki (posizione del cavaliere), anche il modo di scrivere la parola "Karatè" fu cambiato, gli ideogrammi originali, che significavano "mano cinese" o "tecnica cinese" furono cambiati in modo da potersi leggere "mano vuota", con un richiamo all'idea del "vuoto mentale" della meditazione Buddhista (che fu, quindi, una acquisizione filosofica recente).

Fu in questo periodo che furono introdotti nel Karatè i calci laterali e circolari (yoko-geri e mawashi-geri) come li eseguiamo oggi.
Siamo oggi abituati a vedere forme di Gongfu cinese, con una gran varietà di movimenti, salti, posizioni acrobatiche; i Katà di Okinawa erano invece corti, e si poneva l'enfasi sulla potenza estrema di un numero di tecniche molto ridotto.

A questo punto bisogna fare una considerazione molto importante: nella cultura del Karatè questa peculiarità è stata tramandata come positiva, ma non è proprio così, bisogna tenere presente il fatto che il Gongfu Shaolin del Nord non è mai arrivato in Giappone in maniera capillare se non in tempi recentissimi (si parla degli ultimi anni del 1900), così le prime dimostrazioni pubbliche e televisive del Gongfu cinese in Giappone ha riguardato le spettacolari esibizioni di Wushu moderno sponsorizzate dal governo comunista cinese già dal 1940, che poco hanno a che vedere con il reale gongfu del tempio Shaolin del Nord.

Questa contraddizione ha creato nei “karateki” la falsa sensazione che il loro Karatè avesse mantenuto la “purezza” dei movimenti di matrice originaria, cosa invece assolutamente falsa, ma purtroppo ancora oggi mal compresa.

Un altro errore, ampiamente e storicamente dimostrato, ma che talvolta purtroppo vediamo ancora diffuso, è la credenza che potesse esistere un qualche stile di gongfu interamente trapiantato ad Okinawa.
Abbiamo visto, e sono veramente moltissimi i documenti che lo dimostrano, primo fra tutti il famosissimo “Bubishi” il testo segreto (fino al secolo scorso) che tramanda gli spostamenti e gli insegnamenti dei Maestri cinesi ad Okinawa, come nessuno stile di gongfu originario fu tramandato in maniera completa e tradizionale (cioè alla maniera cinese) in nessuno dei villaggi di Okinawa, ma solamente versioni semplificate al massimo, ridotte spesso all’osso, prive di filosofia taoista o di accenni all’energia del Qi, per permettere un’ apprendimento immediato ed efficace delle tecniche ristrette alla mera difesa personale.

E’ indicativo il fatto che tutti i praticanti di discipline marziali che hanno come origine, anche solo nel loro nome, Okinawa, non usino la tipica divisa da Gongfu cinese (TaiFu) ma spesso abiti contadini o comunque la divisa da karatè giapponese (KaratèGi), come per ribadire il fatto che con il vero Gongfu cinese non hanno nulla a che fare (e men che meno con lo Shaolin tradizionale).

Negli anni sessanta maestri di Karatè iniziarono a venire in Europa e negli Stai Uniti. Il Karatè e' ora conosciuto e diffuso in tutto il mondo ed e' ancora in evoluzione, trasformandosi da arte marziale in uno sport moderno.

(Si ringrazia il sito http://ctokarate.altervista.org/storia_antica_del_karate.html per aver messo a disposizione alcune informazioni storiche corredate da fonti e date precise)

 

Centro Studi Gongfu Tradizionale
Gruppo Ricerche Storiche e Filosofiche