...PENSIERI |
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<<Entusiasmo e Passione non vanno mai confusi; L'Entusiamo
è un sentimento e come tale precede la Passione, ma una volta
nata la Passione, essa va continuamente alimentata e accudita,
come fosse un essere distinto nato dal nostro spirito,
altrimenti essa si consuma e muore.
Lo stesso vale per l'Amore
che si instaura fra due persone, esso non è un sentimento;
L'Innamoramento è il sentimento che genera l'Amore, ma una volta
nato, esso va quotidianamente accudito e
alimentato come fosse il primo figlio della loro unione, altrimenti in poco tempo esso
si
consuma e muore.>>
Centro Studi Gongfu Tradizionale
<<Ai tempi di cui vi
sto parlando, erano costituiti due stati: la terra di Yin e la terra
di Yang. Yang
comprendeva la parte luminosa ed era abitata e retta dagli
uomini. La terra di Yang era arida e infuocata, la luce così
forte da stordire. Gli abitanti avevano sviluppato scienza e
tecnologia. Le loro forme d’arte erano fondate sull’esattezza.
Nella terra di Yang gli uomini avevano costruito una città di
pietra e acciaio, bassa, cupa e serrata, perché i loro occhi
avevano sete d’ombra.
Yin si estendeva sulla parte oscura ed era
abitata e retta da donne. La terra di Yin era umida e notturna.
Nero il cielo, stelle innumerevoli e due lune rosate accendevano
la notte. Era una terra di acque e foreste. Le donne che
abitavano quei luoghi avevano sviluppato facoltà medianiche,
sapevano curare i mali del corpo e dello spirito con la forza
del pensiero e praticavano la magia. Non avevano codificato
forme d’arte, ma ciascuna sviluppava in ogni gesto quotidiano il
proprio concetto di bellezza. Avevano costruito una rete di
villaggi, di torri vertiginose e leggere, fatte di legno e
cristallo, perché avevano fame di luce.
Il compito della riproduzione era affidato
a certe macchine chiamate “grandi madri”: stavano nella zona di
confine; nessuno sapeva più quando e come fossero state
costruite, ne come funzionassero.
Nella penombra, attorno alle Grandi Madri,
avveniva che gli abitanti delle due terre si incontrassero, le
donne accecate dalla luce e gli uomini dal buio. Quando si
parlavano, a ciascuno risultavano oscuri parole e significati
dell’altro. Nei secoli la lingua si era trasformata in due
dialetti differenti. Uno netto e fondato su una sintassi che
definiva ferreamente relazioni di conseguenza e dipendenza.
L’altro fluido e indeterminato, poiché ogni parola assumeva
significati diversi secondo l’intonazione e l’occasione in cui
veniva pronunciata.
Yin chiamava “macchina”, senza fare
differenze, tutto quanto si muove o lavora senza avere
consapevolezza di sé, ma poteva scegliere tra 28 vocaboli
diversi per dire “tristezza”.
Yang chiamava “star male” ogni sensazione
di disagio, però era in grado di definire e misurare
perfettamente qualsiasi entità fisica e distingueva tra 22 tipi
diversi di bullone.
Né l’uno né l’altro dei due dialetti aveva
una parola che significasse esattamente “felicità”.
Dunque, poiché si era smarrita la parola,
restava solo, inespresso, un sentimento di incompiutezza che
ognuno cercava di colmare secondo il proprio ingegno e il
proprio sentire, accrescendo le proprie capacità o il possesso
di beni. Accadde
gradualmente, ma accadde: nei singoli aumentava la sensazione di
mancanza e questa si trasformò in irrequietezza e nel desiderio
di un “altrove”. Si generò un’ostilità blanda e la parola
“straniero” assunse una connotazione minacciosa che prima non
aveva...
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...Questo fece apparire
legittimo dichiarare un certo disprezzo per gli abitanti
dell’altra terra ormai troppo diversi, e, in quanto diversi,
inferiori.Così l’assenza del concetto di felicità generava un vuoto che chiedeva di essere colmato. Dunque in ciascun popolo si manifestò la certezza incrollabile che il territorio dell’altro fosse ciò che bisognava procurarsi. E ciascun popolo si preparò alla guerra.
I contatti nella zona d’ombra vennero interrotti e le grandi madri rimasero sterili e abbandonate. L’odio per il nemico venne accresciuto diffondendo dicerie sulla sua crudeltà. I due popoli progettarono armi: d’acciaio, che sputavano fuoco, che potevano correre e volare, con zanne affilate, gli uni. Gli altri distillarono veleni, pozioni che potevano succhiare in sé la volontà del nemico. Le due armate si mossero: l’esercito dell’ombra entrò nella luce, quello della luce entrò nell’ombra. Ma le pesanti macchine Yang sprofondavano nelle paludi, le armi alate si perdevano nel buio e si impigliavano nelle cime degli alberi, la pioggia spegneva i fuochi. Il freddo e l’umidità penetravano nelle ossa dei guerrieri Yang, le armature si riempivano di muffe.
I veleni di Yin evaporarono nei loro alambicchi prima che fossero usati, i cristalli si spaccarono appena furono esposti alla luce. I pallidi visi delle donne Yin
vennero bruciati dal sole e i loro occhi si arrossarono,
piangendo lacrime che asciugavano senza nemmeno essere piante.
Le armate furono sconfitte ancora prima
che la guerra fosse combattuta, la ritirata fu rapida e
devastante. Nelle città erano rimasti solo gli anziani e i
bambini, che avevano percepito che le armate, ritirandosi,
avevano abbandonato esseri consapevoli e tormentati dal dolore.
Le donne erano scese dalle torri e si
erano sparse cercando alla luce delle lune.
Trovarono i guerrieri Yang feriti, li
raccolsero e a fatica li portarono nelle città.
Restarono sconcertate: erano scuri e
giganteschi, le loro armature magnifiche e scintillanti , sotto
il muschio che veloce le ricopriva.
Il popolo di Yang, raccolse le creature
dal volto pallido e dalle membra delicate. Sollevarono i loro
corpi abbandonati, sorpresi dalla loro leggerezza e dal profumo
che emanavano.
Ognuno si trovò di fronte al nemico, ma era un nemico debole e
ferito, un nemico che ascoltava le parole dei vecchi, giocava
con i bambini, capiva i modi, usanze e pensieri diversi dai
propri. Ciascun popolo decise di dichiarare sé stesso vincitore.
Ciascun prigioniero venne restituito alla sua gente e alla sua
terra. Tornando raccontò com’era la terra che aveva conosciuto.
Ascoltando i racconti, Yang desiderò maggiormente la notte e Yin
il giorno. Presto sarebbe scoppiata una nuova guerra, se gli
ambasciatori non fossero stati i prigionieri, se questi non
avessero conosciuto il linguaggio dell’altro popolo, se non
fosse nato un vocabolo che prima non c’era, che spiegava perché
ciascun popolo voleva appropriarsi della terra dell’altro:
“bisogno”. Ne aveva bisogno. Stava proprio tutto lì quello di
cui sentiva la mancanza.
Vi furono molte trattative, ma alla fine
qualcuno propose di pensare un confine che unisse, anziché
dividere. Ma un confine è come una ferita. Se si riuscisse a
pensare ad un confine che è come un abbraccio, quello sarebbe un
confine che unisce.
Le donne colonizzarono una frazione dei
territori luminosi e gli uomini si stabilirono in una parte
della zona oscura. Il legno fu unito all’acciaio, il cristallo
alla pietra. Sorsero edifici che non somigliavano a niente che fosse stato
costruito prima...
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...Quando il primo edificio fu terminato, era
bellissimo, e gli uomini di Yang e le donne di Yin, per lo
stupore e l’entusiasmo, si abbracciarono, infrangendo l’antica
regola.
Allora
il pianeta tremò. Quel mondo immobile aveva cominciato a ruotare
su se stesso. Il primo tramonto fu meraviglioso.>>
Racconto Taoista
<<La verità si troverebbe nel mezzo...Nient'affatto! Solo nella
profondità!>>
Arthur Schnitzler
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